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Movimento Moderno.

Complesso di teorie e prassi architettoniche che trovò la sua maggiore affermazione nel periodo compreso fra le due guerre mondiali. In realtà le radici e le origini del M.M., che rivoluzionò tanto il concetto di progettazione quanto la figura e lo spazio operativo dell'architetto, vanno ricercate a ritroso, intorno alla metà del XIX sec. La riflessione concettuale e il rinnovamento del linguaggio formale che il M.M. realizzò furono, infatti, dirette conseguenze dei mutamenti storico-economici nati dalla Rivoluzione industriale: la produzione di nuovi materiali per l'edilizia; lo sviluppo delle aree urbane; la concentrazione degli impianti produttivi e, perciò, dei lavoratori salariati e delle rispettive necessità funzionali e abitative; il sorgere, in luogo della tradizionale aristocrazia, di una committenza borghese e di una grande committenza pubblica per la realizzazione di infrastrutture urbanistiche (stazioni ferroviarie, metropolitane, mercati coperti, padiglioni per esposizioni). La produzione industriale del ferro offrì le prime nuove suggestioni all'architettura, tanto che a metà dell'Ottocento, ad esempio, i grandi ponti sospesi erano ormai largamente assimilati al paesaggio urbano (valga per tutti il ponte di Brooklyn di J.A. Roebling, terminato nel 1855). Alle strutture di servizio legate alle necessità primarie del tessuto cittadino, produttive e residenziali, si affiancarono nuovi spazi dettati dalla richiesta di socializzazione e scambio culturale ed economico della nuova borghesia industriale. Sorsero così le grandi esposizioni internazionali, succedutesi in Europa a partire da quella di Londra del 1851, allo stesso tempo luogo di sperimentazione di nuovi materiali e momento autocelebrativo del potere economico. Ne sono testimonianza il Palazzo di Cristallo londinese di J. Paxton, in ghisa, ferro e vetro, e la celebre Tour Eiffel, alta 300 m e realizzata dall'omonimo progettista per l'esposizione parigina del 1889. Lo sviluppo delle tecniche ingegneristiche e la diffusione delle scuole politecniche, spesso alternative alle accademie di architettura, segnarono un momento di crisi e di ripensamento teorico della figura professionale dell'architetto. Si affrontò così il problema del rapporto arte-industria, muovendo dall'iniziale inconciliabilità posta da W. Morris, attraverso il tentativo di intervento sulla produzione in direzione artigianale del movimento Arts and Crafts e gli esiti complessi dell'Art Nouveau, non a caso sorta in Paesi fortemente industrializzati come Belgio e Francia. Da questi presupposti nacquero fenomeni decisivi per l'evolversi del M.M.: lo sperimentalismo di Perret sul cemento armato, il concetto urbanistico di "zonizzazione" di Garnier, l'applicazione delle nuove tecnologie all'intero campo dell'edilizia realizzata dalla scuola di Chicago. È sopratutto nella Germania postbellica, però, che il M.M. riuscì ad esprimere con più compiutezza la cifra della propria originalità (grazie anche allo sperimentalismo e all'azione polemica e di rottura con le tradizioni accademiche, operati in campo artistico dalle avanguardie storiche nel primo Novecento). La Bauhaus (V.), fondata a Weimar da Gropius, partendo dal problema centrale della produzione industriale, puntò la sua azione sulla fiducia nelle capacità dell'architetto di influenzare positivamente lo sviluppo della società. Si affrontarono così i problemi della progettazione integrale (dalla città all'oggetto), della tecnica del razionalismo, della generalizzazione del progetto attraverso la standardizzazione, dell'abitazione come evento di rilevanza sociale, dell'azione urbanistica come intervento su un organismo complesso e totalizzante le diverse attività umane. L'internazionalismo e il principio entusiasta del "progettiamo la vita" furono i vettori dell'espansione rapidissima del M.M. in tutta Europa, come in Unione Sovietica e negli Stati Uniti, attraverso l'azione teorica e pratica di architetti come L. Mies van der Rohe e Le Corbusier oltre allo stesso Gropius. La caduta della Repubblica di Weimar, la fine della Bauhaus decretata dai nazisti, l'involuzione totalitaria, causarono la diaspora dei grandi maestri del M.M., soprattutto verso gli Stati Uniti. Nel dopoguerra lo sviluppo del modello capitalistico portò a uno svilimento dei concetti di rapporto solidale fra professionista ed utenza, mentre i principi guida movimentisti del razionalismo architettonico, che rifiutavano ogni accademica definizione di stile, furono distorti in un'incongrua classificazione di "stile internazionale".